Cetta

Cetta

Gruppetti di case dagli svariati nomi, uniti da una stretta stradina, qua un lavatoio là una chiesetta, una croce lignea, una fontanella: questa è Cetta. Se ricercare le origini di questo piccolo centro è assai arduo, dare un senso a taluni nomi di quei gruppetti di case, Bacin, Cetta Sottana, Poggio, Patatee, Fundu, Rieli, Chiesa, è addirittura impossibile. E’ meglio percorrere Cetta da cima a fondo, senza particolari pensieri, in religioso silenzio, che ispira sentimenti poetici. Non si incontra più il buon Zaverio; era piacevole chiacchierare con lui, mentre vi veniva offerto un bicchiere di generoso vino difficile da rifiutare. Il suo ricordo è indelebile.

Da qualche casa provengono gradevoli aromi; forse qualche donna avrà preparato una “pasta”, che è cosa ben diversa dalla torta che si mangia in città o che viene servita nei ristoranti. Per gustarla non bisogna parlare, ma guardare l’infinito, abbandonandosi ai pensieri più piacevoli. L’abbondanza di erbe e il buon olio d’oliva fanno di queste torte un’autentica prelibatezza.

Si passano le case, i fienili, dove tempo fa si udivano belati e latrati. Ben presto si arriva alle castagne di Picun, dove da alcuni anni ha luogo una festa campestre, alla quale partecipano tutti: grandi e piccini.

Giù in basso scorre il rio Grognardo che, dopo un tortuoso percorso, fra gole e cascate incredibili, sotto antichi ponti di legno, va a gettarsi nell’Argentina nei pressi del Mulino di Mauta. Più avanti il Lagudegnu, con la sua incredibile cascata, richiama alla mente la storia delle streghe di Triora, che qui si riunivano.

Dando uno sguardo in alto, si vede Carmo Langan, che è possibile raggiungere attraverso un erto ed impegnativo sentiero immerso nel verde, riscoperto alcuni anni fa da Enzo Bernardini, nel corso del suo viaggio a cavallo nella “Liguria vera”.

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